I 40 anni dell'Alfa Romeo 75, storia dell'ultima berlina "statale"

La data dell'11 maggio 1985 segna la presentazione dell'Alfa Romeo 75, definita dagli appassionati della casa del Biscione e dagli addetti ai lavori come "l'ultima vera Alfa Romeo". Un'auto che fu mostrata, come tradizione, anche al presidente del Consiglio, a quel tempo era Bettino Craxi, direttamente dal presidente dell'Alfa Romeo, Ettore Massacesi visto che l'Alfa Romeo era ancora azienda di Stato parte dell'Iri (Istituto per la ricostruzione industriale). Verrà poi ceduta alla Fiat nel 1986, preferita dal presidente dell'Iri, Romano Prodi, alla Ford. Il numero che definisce la denominazione del nuovo modello celebra il 75° anniversario di Alfa Romeo, azienda nata come Alfa (Anonima lombarda fabbrica automobili) il 24 giugno 1910 e diventata successivamente "Alfa Romeo" nel 1918, una volta acquisita dall'ingegnere napoletano, Nicola Romeo.
La "75", come viene comunemente chiamata dagli appassionati, è una berlina di medie dimensioni dal piglio sportivo, che aveva il compito di sostituire la Giulietta e completare la gamma Alfa Romeo, dopo il debutto della 33 (1983) e della 90 (1984). Ma perché la 75 è stata considerata per lungo tempo "l'ultima vera Alfa Romeo?" Non c'entra solo il cambio di proprietà con la Fiat al comando, ma anche una questione più viscerale e tecnica. Infatti, dopo la nascita dell'Alfa 75 gli appassionati di Alfa Romeo hanno dovuto aspettare ben 30 anni prima di rivedere un nuovo modello di grande serie a trazione posteriore. Ovviamente, stiamo parlando dell'Alfa Romeo Giulia, presentata alla stampa internazionale nel 2015. Prima della berlina realizzata sulla performante piattaforma Giorgio ci sono stati altri modelli a trazione posteriore marchiati Alfa Romeo, ma per prezzi elevati e poche unità prodotte sono sempre stati modelli di nicchia quali: SZ e RZ, entrambe su base 75, oltre a 8C e 4C. Per questo "effetto nostalgia", oltre a uno stile riconoscibile e dinamica di guida sportiva, l'Alfa Romeo 75 è stata amatissima dagli alfisti e premiata nelle vendite con circa 400mila esemplari venduti dal 1985 al 1992.
Abbiamo menzionato "l'effetto nostalgia" perché l'Alfa 75 fu l'ultima Alfa Romeo di grande serie ad avere non solo la trazione posteriore ma anche: motore longitudinale, schema transaxle con frizione e cambio al retrotreno, sospensioni a quadrilateri all'anteriore e con ponte De Dion al posteriore. Si tratta dello stesso schema meccanico che era nato più di un decennio prima con l'Alfetta e già ripreso dalla Giulietta, ma restava una soluzione meccanica raffinata e valida. Il piacere di guida era il principale "biglietto da visita" delle Alfa Romeo e il binomio ponte posteriore de Dion, con parallelogramma di Watt che "guidava" le sue oscillazioni verticali, unito allo schema transaxle, permetteva un bilanciamento dei pesi davvero ottimale, a tutto vantaggio della dinamica di guida. Oltre allo schema meccanico, inizialmente la 75 prendeva "in prestito" dalla Giulietta anche le sue motorizzazioni, tutte frazionate a 4 cilindri e con carburatori: 1.6 litri (110 Cv e 180 km/h), 1.8 litri (120 Cv e 190 km/h ) e 2.0 litri (128 Cv per 195 km/h di velocità). Al vertice della gamma, invece, il 2.5 V6 dell'ingegner Giuseppe Busso per la versione Quadrifoglio Verde che erogava 156 Cv per una velocità massima di 205 km/h, mentre dal lato del gasolio c'era il 2.0 turbodiesel con intercooler da 95 Cv e 175 orari di velocità massima. Nel 1986, con il turbocompressore Garrett esalta il quattro cilindri 1.8 litri a iniezione elettronica che sviluppa 155 Cv per una velocità massima di 205 km/h. Nascono la "Turbo America" e la "Evoluzione", quest'ultima prodotta in 500 esemplari per motivi sportivi-regolamentari dell'omologazione gruppo A. L'anno successivo è la volta del 2.0 litri Twin Spark, con l'importante introduzione dell'accensione a due candele per cilindro (le due candele in testa a ogni cilindro migliorano le prestazioni e fanno scendere i consumi di carburante). La potenza della due litri TS è di 148 Cv e la velocità massima si ferma a 205 km/h. Al top di gamma "cresce" anche il motore V6 Busso che passa a tre litri per 185 Cv e 220 km/h e viene equipaggiato sulla "3.0 V6 America". Con il restyling del 1988 il motore 1.8 guadagna l'iniezione elettronica e il turbodiesel passa a 2.4 litri per 110 Cv. Novità anche nel 1990 con la versione Quadrifoglio Verde con motore turbo da 165 Cv e il 3.0 V6 Busso che viene potenziato a 189 Cv. Verso fine carriera l'Alfa 75 viene proposta in diverse serie speciali: dalla "Indy" o "Le Mans" su base 1.8 IE alla "Asn" o "Limited edition" numerate su 1.8 Turbo Quadrifoglio Verde e 2.0 Twin Spark.
L'Alfa Romeo 75 è un successo, nei primi quattro giorni di commercializzazione vengono ordinate 2.306 vetture. I prezzi di listino sono ovviamente in lire con il 1.6 litri che parte da 16.756.000 lire, il 1.8 litri da 17.700.000 lire, il 2.0 litri da 18.904.000 lire, il 2.5 litri V6 da 27.655.000 lire e il 2.0 litri turbodiesel da 19.954.000 lire. Per inserire queste cifre in contesto appropriato, nel 1985 il reddito medio mensile di una famiglia italiana ammontava ad 1.854.000 lire. La versione più ricercata dai collezionisti è sicuramente l'Alfa Romeo 75 1.8 Turbo Evoluzione, prodotta in soli 500 esemplari e disponibile solo in rosso Alfa con kit estetico dedicato. La sua quotazione oggi varia di molto rispetto alle reali condizioni dell'esemplare: da un minimo di 40.000 euro per un esemplare da restauro a un massimo di 80.000 euro per uno immacolato. Al debutto nel marzo del 1987 costava 30.739.000 lire. I prezzi e quotazioni delle altre versioni di 75 vanno da circa 5.000 euro per una 1.6, a circa 15mila per una 2.0 Twin Spark a oltre 20.000 euro per una V6 Busso.
A firmare il design dell'Alfa Romeo 75 è il primo architetto a diventare capo di un centro stile automobilistico. Infatti, è stato Ermanno Cressoni a creare le linee della 75. Assunto al centro stile dell'Alfa Romeo nel 1965 ne è diventato direttore nel 1975 dopo aver disegnato, tra le altre, la Giulietta e la 33. Lo stile della 75 è subito riconoscibile e molto apprezzato da appassionati e collezionisti perché è un'auto dalla forte personalità. Questo nonostante il pianale e la parte meccaniche siano ereditate direttamente dalla Giulietta, a causa delle poche risorse allora a disposizione dell'azienda. Infatti, la cellula abitacolo e l'intero profilo del taglio delle portiere riconducono direttamente alla Giulietta, modello di precedente generazione. Un vincolo progettuale sfidante a cui Cressoni pone rimedio esaltando lo stile dinamico dell'auto. Infatti, accentua la forma a cuneo del corpo vettura, con un anteriore molto basso e con la coda alta e tronca. La mascherina a forma di trapezio, invece, integra perfettamente i gruppi ottici e si sviluppa orizzontalmente, così come il fascione in plastica nera che copre egregiamente la saldatura dei lamierati dei parafanghi, anche sotto la linea di cintura. Al suo interno, la berlina di Arese vede un cruscotto dalle forme squadrate, con strumenti analogici e il "check control" digitale nel mezzo della plancia, perfettamente in stile anni Ottanta. Impossibile non menzionare il freno a mano a maniglia che ricorda la cloche di un aereo e i comandi elettrici per i finestrini laterali che non si trovano sullo sportello dell'interno porta ma direttamente in alto sulla plafoniera.
La Gazzetta dello Sport